Mercoledì, 07 Settembre 2016 20:40

Festa dell'istituto 2016

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Evviva la S. Croce!

INTRODUZIONE

Cosi la Cronaca di Clot Bey ricorda I'arrivo di Madre M. Caterina con le prime missionarie al Cairo:

"Il giorno 14 di Settembre, mercoledì, giorno dell`esaltazione della SSma Croce  che quali figlie del loro padre S. Francesco venivano ad abbracciare, (le religiose) partirono da Alessandria per il Gran Cairo, o Cairo nuovo, dove felicemente giunsero lo stesso giorno verso le 4 pomeridiane, col treno a vapore, gratis.

Le religiose erano attese da molti personaggi e dame della città andati ad  incontrarle con le loro carrozze, i quali facevano a gara a chi poteva farle salire sulla propria carrozza  al punto d'arrivare a competere perché ciascuno voleva le religiose nella sua.

Anche il Vicario del defunto Delegato andò ad incontrarle, ne fece salire due nella sua carrozza e le accompagnò al nuovo Monastero.

La signora Maria Gatt  venne al Cairo ad accompagnare le religiose e si trattenne per circa un mese in loro compagnia per aiutarle specialmente nel fare da interprete, perché nessuna delle religiose capiva nemmeno una parola d`arabo. Questa buona signora si prese tanta premura, come una mamma amorosa verso le figlie .

Si trovarono nell'abitazione del Monastero ad attendere le religiose, Madama Rubbio, Madama Ricci, ed altre a suo tempo incaricate dal buon defunto Monsignor Guasco per  preparare l’abitazione e tutto quanto occorreva.

(Dal monastero le religiose si recarono) alla Chiesa grande dei minori osservanti per far visita a Gesù Sacramentato e per offrire a Lui tutte le fatiche e le pene ed implorare il frutto della loro nuova Missione.

            Qui furono accolte da quei buoni Padri francescani con candele accese e con suono di organo. Essi diedero la Santa benedizione col Santissimo, che arrecò molta gioia spirituale e conforto alle nuove missionarie che furono poi condotte dal Reverendo Padre Guardiano in sagrestia dove salutarono i reverendi Padri e da loro ricevettero incoraggiamento".

Nate all'insegna della Croce gloriosa, edalla nostra Madre, amante del Crocifisso e della Croce, vogliamo prepararci a questa festa tanto significativa per noi e per il nostro istituto con una settimana di contemplazione del Mistero della Santa Croce.

Ogni giorno ci guiderà:

✠  una lettura biblica;

✠  una breve riflessione;

✠ una testimonianza “di casa nostra”, in ascolto delle sorelle;

✠  una parola della nostra Madre M. Caterina.

(Sarà bene esporre sul presbiterio o sull'altare un crocifisso ben visibile alla nostra contemplazione).

 

7 SETTEMBRE - 1° giorno

In ascolto della Parola

Lett.: Dal Vangelo di Giovanni   (3,13-15)

Disse Gesù a Nicodemo: "Nessuno è salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo.  E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, cosi bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna". 

Lett.:  "Nessuno è mai salito al cielo fuorché il Figlio dell`uomo che è disceso dal cielo".

In effetti è Lui che ci raggiunge, è Lui che discende verso di noi. E il movimento di abbassamento è duplice: primo, perché il Figlio di Dio si fa uomo; secondo perché si china sull`uomo peccatore. E non è uno scherzo, o una passeggiata: in tutta la sua vita vediamo Gesù andare incontro a chi ha bisogno, andare in cerca dei peccatori, rispondere alle critiche di chi si scandalizza, predicare fino a non avere più neanche il tempo di mangiare. Realmente Gesù passo dopo passo si fa carico dei nostri peccati fino alla croce.

Come c'è un crescendo nell'umiliazione di Gesù, nel suo chinarsi sull'uomo sofferente, cosi vediamo un crescendo nel peccato dell'uomo. Chiacchiere malevole, obiezioni maliziose, aperti contrasti, fino al complotto e alla morte. Il peccato dell'uomo si radicalizza contro Gesù, e meriterebbe un estremo giudizio di condanna. Ma non è cosi.

La croce è trasformata in strumento di redenzione. Chi guarda a Gesù innalzato sulla croce può riconoscervi il suo peccato, ma anche l'offerta di perdono. Chi guarda con fede a Gesù crocifisso entra nell'ambito della vita eterna.

La festa dell'Esaltazione della Croce ci mette quindi di fronte al nodo fondamentale della nostra fede e della nostra vita. Il crocifisso condannato e umiliato è un continuo richiamo al nostro agire  pieno di presunzione e di orgoglio. Ci ricorda ogni giorno che non ci salviamo da soli, con le nostre buone azioni; che non siamo capaci di salire fino a Lui, ma Lui si china verso di noi.

Tutto ciò diventa per noi motivo di festa e di gioia. Una festa paradossale che si raccoglie intorno alla croce, che da patibolo diventa segno di vita, che da simbolo di condanna si trasforma nel massimo segno del perdono e dell'amore.

 

In ascolto delle sorelle

Lett.: Le consolazioni di una missionaria

Nello scorso mese entrarono nel mio padiglione tre soldati abbastanza gravi; uno appena ricevuto il battesimo dopo un po’ di istruzione, morì.

Un altro invece era molto cattivo e non mi poteva vedere, mi rispondeva sempre con delle insolenze. Non mi perdetti di coraggio e con tutta la mia pazienza cercai di accontentarlo in tutti i suoi desideri. Finalmente, vedendo che si aggravava sempre più, una sera mi feci animo e gli presentai il Crocifisso dicendogli di ripetere: Gesù, aiutami! Disse solo: aiutami! Corsi in chiesa a pregare per lui dicendo a Gesù che mi aiutasse a salvarlo. A sera ripetei l’invocazione e il povero malato la disse con me. Da quel momento mi chiamava spesso, ripetendo la stessa invocazione. Vedendolo così ben disposto pregai il padre direttore di prepararlo al battesimo; il morente acconsentì, ma volle essere battezzato dalla Suora che lo curava. Difatti gli versai io stessa sul capo l’onda rigeneratrice e lo chiamai col nome di Alfonso e dopo pochi giorni se ne volò in cielo.

Il terzo fu più buono; fin dal primo momento gli mostrai il Crocifisso, ripetendo la preghiera; fu battezzato; stette in agonia due giorni sempre ilare e sorridente, ripetendo ogni tanto con noi qualche preghiera; volò al cielo il giorno dell’Assunzione.

Queste, miei cari, sono consolazioni che solo una missionaria può gustare…”

(da: Quando la vita diventa segno, Suor M. Berenice, p. 49)

Canto

 

8 SETTEMBRE – 2° giorno

In ascolto della Parola

Lett.: Dal Vangelo di Giovanni (3,16-18)

Disse Gesù a Nicodemo: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio". 

Lett.:  "Dio ha tanto amato il mondo".

Tra i due termini, Dio e mondo, che tutto dice lontanissimi, incomunicabili, estranei, le parole del vangelo indicano un punto d’incontro. Tra Dio e il mondo il collegamento è dato da un terzo termine: ha tanto amato. Mondo amato. Terra amata.

Dio ha tanto amato: questo mi assicura che la salvezza è che lui ami, non che io ami. "Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama" (Xardel).

Un doppio movimento ha reso possibile l'incontro: Cristo si è abbassato, scrive S. Paolo, fino alla morte di Croce; Cristo è innalzato sulla croce, dice S. Giovanni, attirando tutto a sé.

Tra Dio e il mondo il punto di congiunzione è la croce che solleva la terra, che abbassa il cielo, che raccoglie gli orizzonti, crocevia dei cuori dispersi. Innalzato, alto sul mondo, Cristo, il primo della grande migrazione verso la vita, colui che era disceso, risale per l’unica via, quella della dismisura dell'amore.

Il Crocifisso è l'icona più vera. Porta sulla terra il potere di Dio: quello di servire e non di asservire; quello di salvare, non di giudicare; quello di dare la vita, non di toglierla. Il Crocifisso porta l'immagine vera dell'uomo. Vero uomo non è chi accumula denaro o potere, maneggia le armi e spezza vite, non chi schernisce o deride. Vero uomo è Lui, capace del dono supremo, fratello di ognuno, che muore ostinatamente amando, gridando a Dio tutta la sua pena, ma per mettersi nelle sue mani.

Ciò che ci fa credere è la croce. Ma ciò in cui crediamo è la vittoria della croce (cfr. Pascal).

Sulla croce è proclamata a lettere di sangue, le uniche che non ingannano, la parola vincente, quella del Cantico dei Cantici: "più forte della morte è l'amore".

 

In ascolto delle sorelle

Lett.:  Il possibile martirio

Il 7 maggio 1952 tutte le Suore italiane furono fatte partire da Laohokow e dopo una lunga dolorosa odissea di umiliazioni e peripezie, il 13 erano a Honh Kong, sulla via della libertà.

            Soltanto Madre Berenice rimase. Ora era veramente sola, capro espiatorio di tutte le presunte colpe commesse contro la Cina. L’idea del martirio le balenò alla mente, come una realtà che si avvicinava rendendosi sempre più concreta. Già in una lettera del 24 dicembre 1930, in momenti drammatici, aveva scritto alla Superiora Generale:

“Madre, non oso dirlo perché non so di meritare una grazia così bella e così grande, concessa solo alle anime buone, ma se Gesù me la concede, cioè quella di morire per Lui, dare la vita anche per un’anima sola, oh! come sarei felice…preghi, Madre buona, che possa anche io cantare come tanti nostri fratelli morti per la fede…ma mi pare di sentire una voce dirmi che il martirio è concesso solo alle anime privilegiate, piene di sacrificio e di buona volontà…” 

(Da: Quando la vita diventa segno. Sr. M. Berenice Galbiati, pp. 68-69)

Canto

 

9 SETTEMBRE – 3° giorno

In ascolto della Parola

Lett.: Dal Vangelo di Giovanni (3,19-21)

Disse Gesù a Nicodemo. "Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, poiché le loro opera erano malvage. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio".

Lett.: “… la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce”

L'odio della luce, frutto di paura, è causato dal male che facciamo; questo a sua volta, manifesta l'odio che lo precede.

Il male vuole restare nascosto per non essere denunciato, come la menzogna per non essere sbugiardata. Da Adamo in poi c'è una resistenza, ereditaria ed ambientale, nel credere all'amore di Dio per noi. Solamente davanti alla croce cessa l'inganno: conosciamo "Io sono" e siamo attratti a lui. Allora muore l'uomo vecchio e nasce quello nuovo.

Ma l'uomo vecchio è duro a morire! In ciascuno di noi c'è una lotta interiore (cfr. Rm 7,17ss): siamo contesi tra menzogna e verità, paura e fiducia, egoismo e amore. Siamo però gli arbitri: possiamo, giorno dopo giorno aggiudicare la vittoria a chi vogliamo. Il nostro libero arbitrio può esercitarsi, almeno parzialmente all'inizio e poi sempre di più, solo nella misura in cui conosciamo la verità dell'amore che ci fa liberi. Per questo è importante levare lo sguardo e tenerlo fisso sul Figlio dell'uomo innalzato: in Lui vediamo l'amore con il quale siamo amati.

 

In ascolto delle sorelle

Lett.:  Inizi della missione in Guinea Bissau

Nella casa Generalizia il 1° novembre (1969), Messa concelebrata da 5 Sacerdoti….

Le quattro Missionarie presenti portano le offerte all’altare; dopo aver ricevuto il Crocifisso come nostro inseparabile compagno e conforto nelle inevitabili difficoltà d’affrontare nel nuovo campo apostolico nella lontana Guinea…

            Il 6 novembre dal porto di Napoli si staccava (la nave) “Enrico da Costa” ed eccoci il 9 a Lisbona, dove ci fermiamo 3 mesi e mezzo per studiare il portoghese, espletare le pratiche, e finalmente volare tra i nostri negretti, i quali, con tutti i Missionari, ci attendono all’aeroporto di Bisalanca, giunte felicemente il 24 febbraio del ’70.

            Ora eccomi a Cumura da 18 mesi tra i nostri cari Lebbrosi. Un ideale nato all’alba della vita e realizzato quasi al tramonto… Curare Cristo stesso in queste membra torturate e sfigurate che Lo rappresentano, deformato e sfigurato nella Passione per i nostri peccati.

            Ora devo vivere giorno per giorno, ora per ora, attimo per attimo, il vasto programma della carità non sempre facile e tanto meno comoda!… non si deve esitare di spargere a larghe mani il seme della Parola divina. In qualche angolo della terra, in qualche anima questo seme, innaffiato dalla Grazia germoglierà, crescerà e fruttificherà…

            Fate, o mio Gesù e Madre mia, che tutti, chi sul campo del dolore, chi su quello educativo e pastorale, possiamo essere veri Missionari, veri Apostoli…

(Dal Diario di sr. M. Nazzarea Caturgidi - p. 431ss)

Canto 

 

10 SETTEMBRE  - 4° giorno

In ascolto della Parola

Lett.: Dal Vangelo di Giovanni (12,32-36)

Così parlò Gesù: "Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me". Questo diceva per indicare di quale morte doveva morire. Allora la folla rispose: "Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come dunque tu dici che il Figlio dell'uomo deve essere elevato? Chi è questo Figlio dell'uomo?" Gesù allora disse loro: "Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce".

Lett.: "Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me".

Gli elementi di questo brano si unificano attorno alla croce. Da essa il Signore regna e salva tutti. Nel suo essere innalzato dalla terra viene l’ora del Figlio che, innalzato, nel suo amore di fratello, sconfigge il "capo di questo mondo", che tiene l'uomo schiavo della menzogna e della paura e rivela quello del Dio Amore che, come Padre, attira tutti a se'.

La croce, che visivamente è un "innalzamento', è in realtà l'abbassamento sommo, l'ostensione nuda dell'obbrobrio. Eppure questa abiezione estrema mostra la gloria abissale di Dio. Dio infatti è amore; e la caratteristica più alta dell'amore è l'umiltà.

Alla folla che non comprende come il Messia possa essere crocifisso e si chiede incredula chi sia questo Figlio dell'uomo, Gesù risponde esortandola a credere in lui, luce del mondo.

 

In ascolto delle sorelle

Lett.:  Suor M. Eustochia, vittima di carità

Imbruniva. Laggiù, sull’orizzonte lontano, si delineavano le casupole di Laohokow, e tutta la campagna sterminata era avvolta in quella luce indecisa che suscita, con le più remote reminiscenze, ondate di malinconia.

Stanca, affranta, Suor M. Eustochia si era seduta un momento sull’orlo della strada con la sua compagna di viaggio, e fissava triste le prime stelle che si accendevano nel firmamento. Camminava dall’alba. Di capanna in capanna, di tugurio in tugurio era giunta a villaggi remoti e aveva visto tante miserie senza poterle sollevare. Con la bisaccia dei medicinali ormai vuota, con la tonaca impolverata tornava, anche quella sera, al suo ospedale di Laohokow, dove in ventitré anni di missione aveva curato tanti ammalati e preparati tanti moribondi al gran passo. Come affluivano i ricordi alla sua mente in quell’ora crepuscolare! Aveva sempre lavorato con ardore instancabile per quella povera Cina pagana, sua patria di elezione, tanto bisognosa di pace e di luce!

            Ora però le sue gambe indolenzite non la reggevano più, i suoi piedi piagati si rifiutavano di camminare: ogni passo, in quel giorno, le era costato indicibili spasimi. Ma quanto più le forze l’abbandonavano e si sentiva la morte vicina, tanto più si acuiva in lei il desiderio di dare anime a Dio.

            In quel giorno aveva battezzato trentadue piccole creature. Se ne ricordò ad un tratto e disse, rimettendosi in piedi e riprendendo a stento il cammino: - In memoria dei trentatré anni della tua vita terrena, o Gesù, dammi un’altra anima, la trentatreesima, e chiuderò contenta la mia giornata.-

            Laggiù, alla svolta, una donna con un bimbo in collo sbuca dalla siepe sul sentiero. La Missionaria allunga il passo e la raggiunge. Il suo occhio esperto vede che quel piccino con la testa abbandonata sulla spalla materna, con le gambe stecchite e penzolanti, non ha che poche ore di vita.

“Buona donna, dice alla povera madre, non vedi come ti sei affaticata? Prendi, questa è una medicina che fa al caso tuo”.

Sorpresa, la donna afferra la bottiglia con la bevanda ristoratrice e la porta avidamente alle labbra. Intanto la Missionaria accarezza il piccino e lo battezza. Era tempo: quella povera creaturina, stremata dai disagi e dalla fame, moriva dopo pochi momenti.

La mamma disperata, stringendosi al seno quel misero corpicino inanimato, fugge urlando nella notte. La Missionaria riprende coraggiosamente la sua via; la ghirlanda di trentatré piccoli fiori è completa!

E fu l’ultima. Contro la malattia crudele che l’assalì poco dopo, la sua fibra già stanca non poté opporre la necessaria resistenza. E suor M. Eustochia morì ancora giovane, nel giro di pochissimi giorni. Era il 15 giugno 1923.

(da: Una grande Anima. Madre Lidia Giovara, pp. 107-109)

Canto

 

11 SETTEMBRE – 5° giorno

In ascolto della Parola

Lett.: Dalla prima lettera di San Paolo ai Corinzi (1,22-24)

Fratelli, mentre i Giudei chiedono miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Lett.: “… ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini”.

L'esaltazione della croce sbigottisce non poco quanti sono lontani dalla nostra fede e dalla conoscenza del cristianesimo e pone questo interrogativo: perché solennizzare la croce, quando questo è strumento di sofferenza e di morte?

La risposta non è solo per quanti non credono, ma la ricordiamo anche a noi stessi perché non si mediterà mai abbastanza sul senso della morte di croce di Gesù. Questa risposta ce la dà San Paolo il quale senza preoccuparsi di soddisfare le pretese di provare l'esistenza di Dio, si accinge a mostrare piuttosto un Dio capace di tanto amore per l'umanità al punto di scegliere come mezzo per la nostra salvezza quanto gli uomini reputano pazzia, abominio: la croce.

Ma è appunto ciò che gli uomini ritengono stolto e inspiegabile che il Signore della vita sceglie di manifestare la sua potenza: piuttosto che intervenire attraverso procedimenti sconvolgenti, Egli si rende solidale con l'umanità tutta e in particolare con quella più stolta, precaria e meschina. Appunto un Dio che si rende servo, per amore dell'uomo, fino alla pazzia.     

Tuttavia, come Mosè innalzò il serpente nel deserto per salvare gli israeliti dai meritati morsi del serpente, cosi adesso il Figlio Gesù Cristo sarà innalzato dopo la croce, risusciterà e ascenderà al cielo per essere sempre con noi, una volta vittorioso sulla morte e sul peccato.

Anche per noi, la croce non solo è inevitabile, ma è necessaria. Come nelle avversità e nei fallimenti vi è sempre un seme di successo che diventerà pianta di un secondo momento; così in ogni croce vi è sempre un inizio di risurrezione destinato a realizzarsi.

 

In ascolto delle sorelle

Lett.:  Ragguaglio sulla morte di una novizia

La buona novizia Suor M. Chiara ci venne rapita da un’etisia fulminante! Un angelo ci fu tolto in terra, una protettrice abbiamo acquistato in cielo! Fu un’anima nascosta a tutti... Ma non eran già le parole che la mostravano umile, bensì le opere.

Essa, Madre mia, palesò il suo male, quando era già irrimediabile. Sentiva ritrosia ad accusar malanni, mentre, come diceva, tante altre assai più sofferenti non si lagnavano!

[ ] soffrì tanto, e tutto soffrì in silenzio, [ ]si studiava di non lamentarsi per non disturbare le altre, e per fare di se stessa un pieno sacrificio al Signore.

Nelle lunghe notti insonni si asteneva dal tossire e dal chiamare l’infermiera, per lasciar dormire le sue consorelle bisognose di riposo. Ai servizi prestatile essa rispondeva con un dolce sorriso, le sembrava che occuparsi di lei fosse perdere un tempo prezioso.[ ] Contava appena il decimo mese del suo noviziato, ed il suo cuore era già così legato all’Istituto, che avrebbe per esso sacrificato con gioia non una, ma dieci vite…

[ ] Suor Maria Immacolata, sua compagna di vestizione, scrisse qualche giorno dopo, a sfogo del suo dolore:

“Il pensiero della tua eterna felicità, a cui aspirasti di continuo, mi fermò le lacrime, ed il dolore della tua dipartita mi si dilegua nel pensier di poter continuare l’opera d’amore e di riparazione da te sì ben iniziata. Tu te n’andasti, ma restano con me le tue segrete aspirazioni, le sante prove, che mi confidasti nei momenti in cui il Signore parlando al tuo cuore ti chiamava e ti voleva sua Sposa crocifissa![ ]

Né io dimenticherò mai quelle sante tue parole: “La carità di Cristo mi spinge, e lo zelo della sua casa fa ardere l’anima mia!”

(da una lettera di sr. M. Alfonsina alla Madre Generale, 18 sett.1903)

Canto

 

12 SETTEMBRE – 6° giorno

In ascolto della Parola

Lett.: Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Galati (6,14-17)

Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, ne' la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia come su tutto l'Israele di Dio.  D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo. 

Lett.:  “…quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo”.

Anche noi possiamo pregare con la liturgia: "Di null'altro ci glorieremo se non della croce di Gesù Cristo, nostro Signore. Egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione. Per mezzo di Lui siamo stati salvati e liberati".

Ecco la nostra fede, ecco la nostra salvezza! Per questo ogni nostra preghiera e ogni nostra azione, iniziano con il segno della croce. Esso ci guida a ricordare, a celebrare, ad accogliere, a vivere l'amore infinito di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, come ci è dimostrato da Gesù sulla croce.

Ecco il richiamo e la testimonianza forte del Papa che continua a consegnare la croce ai giovani. Nella croce si trova il vero senso della vita di ciascuno, e della storia del mondo. Per questo è il segno più grande della speranza. Diventa allora il segno e la forza della testimonianza cristiana che non solo i giovani, ma anche gli adulti, noi religiosi, la chiesa intera, siamo chiamati ad offrire al mondo in ogni epoca della storia.

Ogni croce o sofferenza che noi stessi viviamo e che l'umanità intera vive, sono partecipazione alla croce di Cristo, per la salvezza del mondo. Dice S. Paolo: "Compio nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, a vantaggio del suo Corpo che è la Chiesa". Ciò che è considerate stoltezza diventa sapienza; ciò che è considerata disgrazia, diventa grazia e benedizione.

S. Ignazio così scriveva prima di subire il martirio: "Sono frumento di Cristo. Ora comincio ad essere discepolo…preferisco morire in Gesù Cristo che regnare sulla terra. Lui cerco, Lui che e' morto per noi; Lui voglio, Lui che è risuscitato per noi… Concedetemi di essere imitatore della passione del mio Dio, per divenire partecipe della sua risurrezione".

 

In ascolto delle sorelle

Lett.: Apertura della casa di Milano, via Confalonieri

La Madre Generale, giunta in Italia con molte Suore a Napoli furono ospitate dalle Suore della Carità; a Roma nel Monastero della Compassione; a Viterbo presso le Clarisse. Appunto da Roma la Madre ove si trovava con altre Suore profughe scrisse a Suor Maria Angelina Bonetti, che in quei giorni si trovava appunto in Milano, chiedendole se poteva venire con 30 religiose da ospitare, e se fosse possibile di aprire qualche nuova Casa in Lombardia.

La Madre Angelina, trovando pur molte difficoltà nell'aderire alle urgenti richieste della Generale, ma volendo pur togliere dall'ansia di una aspettativa angosciosa  la sua venerata Madre Abbadessa, decise, fidando in Dio, di presentarsi senz'altro all'Eccel.mo Arcivescovo Mons. Luigi Calabiana che già desiderava alcune nostre suore per la Parrocchia di Santa Maria al Naviglio. La cosa parve tosto combinarsi.

Senonché un tempo dopo Sua Eccellenza l'Arcivescovo era venuto a conoscenza di un fattaccio avvenuto nella Parrocchia di S. Maria alla Fontana e precisamente nella località, ora in Via Confalonieri N. 8, ove, secondo l'attestazione più sicura di alcuni testimoni oculari, funzionava tutto l'anno, senza interruzione, nelle ore notturne, un festival che era l'indice della decadenza morale di tutta la gioventù della così detta Isola. Proprio in quel lugubre ritrovo del vizio un mattino fu trovato una testa di giovinetta di cui non si poté più trovare il corpo per quante ricerche furon fatte.

Sua Eccell. allora fa sapere a madre Angelina che vedute meglio le rispettive condizioni di alcune parrocchie della città, aveva giudicato per assistenza la Parrocchia di S. Maria alla Fontana, e senz'altro invitò la Madre che tosto venisse ad un abboccamento col M. Rev.do Sig. Prevosto di detta Parrocchia che  allora era D. Ambrogio Ravasi. E secondo il volere dell'Eccell.mo Pastore della Diocesi, fu accordata l'accettazione della nuova Missione in un campo così corrotto e depravato.

“L'abitazione a noi destinata, assai angusta, non consisteva che in una buia e assai vasta fucina da fabbro, quella stessa che appunto fini allora aveva servito, come già  è asserito, a  sala da ballo.  Si scemò in me il coraggio ad un tratto. Ma poi venuta col tempo a miglior conoscenza dell'indole buona e generosa dei milanesi, mi rianimai e risolsi la definitiva accettazione. Venuta più tardi la Madre Generale a Milano, mi presentai nuovamente a Lei a Sua Ecc.za l'Arcivescovo da cui ella ricevette l'invito definitivo, in conformità alla nostra S. Regola”.

(Dalla Cronaca della casa di Milano, di sr. M. Saveria Bonfanti)

Canto

 

13 SETTEMBRE – 7° giorno

In ascolto della Parola

Lett.:  Dalla lettera di San Paolo ai Filippesi (2,5-11)

Fratelli, abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù il quale pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a Gloria di Dio Padre.                                             Parola di Dio

Lett.:  “… umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.

Con questo brano, S. Paolo descrive mirabilmente la croce. E' un linguaggio duro questo della croce, un linguaggio che cerchiamo a volte di sostituire con altro, che è quello effimero del mondo che non solo non cancella il dolore, ma allarga il fosso della disperazione.

I santi, i martiri, gioivano nel poter dare la propria vita tutta a Dio: certi che quel sublime gesto d'amore, simile a quello di Gesù per noi, era il più sublime atto che si potesse compiere.  Ma basterebbe saper guardare alla ferialità della vita di tanti, ma proprio tanti che ogni giorno vivono soffrendo; a volte conoscendo solo la loro sofferenza.

Sorridendo un giorno, una persona paralizzata dal dolore e quindi costretta solo a soffrire diceva al sacerdote andato a visitarla, con un sorriso che raramente si vede agli occhi degli uomini: "Sa, io considero questo letto come l'altare su cui lei celebra la S. Messa. Ed è bello sentirsi una cosa sola, con i piedi e le mani inchiodati a questo letto, per sempre come Gesù. La mia vita su questo altare mi pare una continua Messa per tanti che soffrono senza amore, o fanno soffrire negando l'amore. Ho come l'impressione che i miei piedi inchiodati e le mie mani siano così per dare ai suoi piedi, che camminano tanto tra la gente, e alle sue mani, cui si aggrappa tanta gente, tanto amore da fare sorridere di speranza chi lei incontra e comunicarle quel grande amore che Gesù continua a donare da quel costato aperto".

Fissando la Croce di Gesù e le croci dei martiri di ieri e di oggi, è bello confermare queste parole di un poeta: "Nessuna selva ha prodotto un albero pari a questo, per la bellezza dei suoi fiori e dei suoi frutti".

 

In ascolto delle sorelle

Lett.: Apertura della casa di Milano, via Confalonieri

La casa che allora ci fu destinata in Milano, come nostra futura dimora, nella Parrocchia di Santa Maria alla Fontana, non meritava davvero un tal nome: era completamente sprovvista di tutto. Noi però sr. Maria Angelina, sr. M. Rosalia, sr. M. Serafina, con fiducia in Dio proprio nella vigilia delle feste di S. Ambrogio, venimmo ad abitare la nostra capanna. Il Molto Rev.do Sig. Prevosto vi aveva fatto preparare un po' di tutto ciò che è strettamente necessario alla vita, e iniziò l'arredo con un tavolo e qualche utensile da cucina. Poteva ben cantare l'Alleluia, nella più perfetta letizia, in possesso così come fummo allora di Madonna Povertà. Una buona signora, mossasi a pietà di noi, ci provvide di 3 pagliaricci, di un cassettone e di qualche sedia.

Nel bugigattolo di stanza, cui si saliva per mezzo di una malsicura scaletta di legno, dal fondo della nostra stamberga, aperta in più parti della soffitta, su quei soffici letti dunque riposammo molte notti le stanche membra. Siccome date le condizioni speciali della nostra nuova vita, a noi non era possibile compiere tutti gli atti della vita spirituale di Comunità, con tutto ciò si era in continua e pratica meditazione la quale non ci era impedita neppur di notte, che il sonno stentava assai a chiudere gli occhi, per i disagi a cui dovettimo assoggettarci. Ma ci eran compagne la pace del cuore e l'intimo desiderio del bene. Ciò ci compensava di tutto, anche quando, in alcune notti si era costrette a dormire, se pur si poteva ciò fare con gli ombrelli aperti, che l'acqua piovana scendeva dalla soffitta della nostra squallida dimora....

In sul principio adunque da quanto si rileva dagli scritti della benemerita Madre Angelina fu, quella delle Franc.ne Missionarie d'Egitto, una vita di stenti e di privazioni. Esse tosto diedero inizio al loro apostolato e radunarono fin dai primi giorni, proprio nella loro angusta abitazione molta gioventù femminile. Quante volte le povere suore, sul principiar della loro nuova missione, non trovavano di che attutire la fame! ... Spesso, non avendo altro, mettevano a bollire un po' di acqua con un pugno di fagioli e versato il tutto in una scodella v'inzuppavano alcune fette di pane avute in elemosina!...

Non avevano altra ricchezza che la povertà tranquilla e serena, altra soddisfazione che la mortificazione, altra gloria che il nascondimento e l'umiliazione. E appunto da questa vita oscura i cuori venivano attratti come da una forza irresistibile a seguire il Serafico Patriarca della Povertà. Oh si, l'esempio, dopo la grazia di Dio, è una gran forza che trascina dove forse senza di esso, non si sarebbe mai arrivati.

(Dalla Cronaca della casa di Milano, di sr. M. Saveria Bonfanti)

Canto

Letto 980 volte Ultima modifica il Lunedì, 26 Dicembre 2016 09:00

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